sabato 18 febbraio 2012

Sviluppo

PERCHÉ I BAMBINI DISEGNANO COSÌ?
Non si può sperare di capire la natura della rappresentazione visuale se si tenta di desumerla direttamente dalla proiezione ottica degli oggetti fisici che costituiscono il nostro mondo. Dipinti e sculture di ogni stile possiedono proprietà che non si possono spiegare come mere modificazioni del materiale percettivo grezzo ricevuto tramite i sensi. Se il punto di partenza dell'esperienza visiva fossero le proiezioni ottiche fornite dalle lenti oculari, ci si aspetterebbe che i primi tentativi di figurazione aderissero al massimo a queste proiezioni e invece avviene il contrario.
Nei primi disegni dei bambini non si trovano né la prevista conformità dell'aspetto realistico, né le attese deformazioni prospettiche. Come si spiega ciò?
I bambini sono tecnicamente incapaci di riprodurre ciò che percepiscono visivamente perché i loro occhi e le loro mani mancano dell'abilità necessaria a cogliere e riprodurre l'esatto disegno delle cose con la matita o il pennello. Ora, è perfettamente vero che i disegni di piccoli bambini dimostrano un incompleto controllo motorio ad esempio linee con andamento a zig-zag, ma si danno anche molti casi in cui le linee sono tracciate con un'accuratezza bastante a indicare cosa il disegno vuole assomigliare; inoltre già in tenera età, una precedente imprecisione di tratto cede il passo a un'esattezza che è più che sufficiente a dimostrare ciò che il bambino cerca di fare. Dunque la mancanza di abilità motoria non è sufficiente a spiegare questa differenza di principio. E non si può addurre a motivo né la mancanza di interesse né la scarsità d'osservazione, i bambini hanno un'acutezza di osservazione che molti adulti potrebbero invidiare. Chiunque abbia visto l'espressione di affascinata concentrazione negli occhi di un bambino intento nella sua opera d'arte ammetterà che una tale spiegazione è insufficiente.

LA TEORIA INTELLETTUALISTICA 
La più antica spiegazione del disegno infantile ammette che, dato che il bambino non disegna come si suppone che veda, deve essere qualche altra attività mentale, e non la percezione, a determinare tale modificazione. È evidente che il bambino si limita a rappresentare le qualità essenziali delle cose, per esempio la simmetria del corpo umano. "Il bambino disegna più quello che conosce che quello che vede".
La teoria intellettualistica asserisce che il disegno infantile deriva da una fonte non visiva, ossia da concetti "astratti", dove "astratto" si intende come qualificazione della conoscenza non percettiva. Senonché, ci si chiede, in quale altro campo di attività mentale può risiedere il concetto, se lo si bandisce dal campo dell'immagine? Forse il bambino si rifà a concetti puramente verbali?  Per esempio la quintuplicità che si ritrova nella frase "la mano ha cinque dita", di fatto nel bambino questa conoscenza è verbale e quando disegna una mano egli conta le dita per essere sicuro dell'esattezza del numero.
La vita intellettuale del bambino dipende strettamente dalle esperienze sensoriali. Per le menti giovani le cose sono quello che risultano alla vista, all'udito, all'odorato, al senso del movimento. La teorizzazione psicologica ha puntato molto sul senso del tatto. Dato per concesso che la percezione visiva è basata sulla proiezione ottica, il senso della vista si è ritenuto incapace di fornire un'immagine fedele dell'aspetto reale degli oggetti tridimensionali; tale conoscenza doveva dunque provenire dal senso del tatto: il tatto non dipende da proiezioni trasmesse dalla luce attraverso uno spazio vuoto, bensì si rifà al contatto diretto con l'oggetto, e agisce da tutti i lati. Può dunque fornire informazioni oggettive.


[fonte: Rudolf Arnheim: Arte e percezione visiva, Milano 1993]

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